martedì 27 novembre 2012

era la mia scrivania nuova di zecca



ero sudato di ritorno dalla partita di pallone quando mia sorella affacciata alla finestra - sbracciandosi come un vortice affannato - mi disse da lassù che era arrivata la mia scrivania nuova di zecca
“non è vero. non ci credo”
“invece è vero. scommettiamo la paghetta?”
“sì”
scommettevo spesso e altrettanto spesso perdevo la paghetta con mia sorella. anche per le cose più stupide. per dirne una, quando mi raccontò di una sigla televisiva cantata da heather parisi (che mia nonna chiamava keter parigi, ma diceva anche pippo baldo e maik buongiorno, mentre quell’avvinazzato di mio nonno diceva craschi perché non riusciva a dire la ics e bearzoff se per dire bearzot o zoff non lo so, ai postumi delle sue sbronze l’ardua sentenza) che diceva oè oè mister mandarinooo, ebbene, io sostenni la tesi della menzogna (nonché del complotto) e puntualmente persi la posta. ero diffidente e sospettoso, mettevo tutto in dubbio. dubitavo che il pivello ricky cunningham e i suoi amici pivelli sapessero suonare splish splash. una volta suonava la chitarra, in un’altra il sassofono, ralph malph passava poco disinvoltamente dal pianoforte alla batteria e infine per il basso. con quell’altro la’, potsie, quello con quello stupido neo sullo zigomo, ma chi volevano pigliare per il culo. ma daaaiiii. e andiaaaamooo. aborrrrrooooo.
vabbò. erano pur sempre giorni felici. dan dan dan dannn… eppi dèiss!
quella volta della scrivania però devo dire che ci speravo, e scommisi più per scaramanzia che per altro. era fine estate e dovevo cominciare le medie. avevo la fissa della scrivania, volevo diventare grande, volevo anch’io la mia scrivania con cassetto e scaffali dove riporre i libri di scuola, la mia postazione strategica dove risolvere i compiti, ma anche incollare i pezzi dei modellini degli aeroplani da guerra, comporre i pazzòll, scrivere la mia formazione immaginaria del bologna.
una volta montata, cominciai a notare che c’era qualcosa che non andava. mi sembrava fredda, forse perché spoglia. organizzai un pomeriggio alla standa per comprare quaderni e cancelleria per adornare la mia nuova scrivania. comprai pure il diario, quello di jacovitti. con tutti ‘sti addobbi mi sembrava meglio, ma non ero poi tanto sicuro. boh. non mi convinceva. qualche foto di giocatori del fòtball, la foto di howard jones. mocchè. nada. dubbi-dubb.
e fu subito scuola. il primo compito che ci venne assegnato fu quello della prof di italiano. c’era da scrivere quante più parole straniere che fossero in uso nella lingua italiana, e mi misi a svolgere alla mia scrivania nuova di zecca. con ben poco entusiasmo e sforzo scrissi shampoo, whiskey, scotch, tennis, game, set, match. beh sempre meglio della b.b. (che non era la bardot) che non aveva capito una fava e scrisse table, cat, dog, sister.
dopo quella volta, ben raramente c’ho poi studiato o scribacchiato. non c’è un’interrogazione, un compito in classe, un esame all’università, una patetica lettera d’amore alla sventurata di turno che me la ricordi, a cui la possa associare. mi sa che una volta ci lasciai sopra la custodia del sergeant pepper, la massima considerazione di cui fu degna protagonista. una inutile composizione di truciolato senza anima.

lunedì 26 novembre 2012

santa george

 
primavera/estate 1990, nella unobianca fermo al semaforo del viali
a sinistra via indipendenza a destra ponte di via galliera, afa vetroguidatoreabbassato, si avvicina il tergicristalli umano abusivo
no grazie, gli dico, non ti do niente
sei tu, quello?
mi chiede, indicando foto george harrison white album spiaccicata su vetro passeggero
no
è tuo fratello?
no
ah. ti somiglia
ravano in tasca e gli ...
mollo monete da tot lire

autunno/inverno 2012
fuori da decathlon, sambuceto, il venditore di calzetti e film osè abusivo
compra qualcosa compra qualcosa
no grazie, non ho bisogno
dammi soldi per caffè
no grazie, ho il bancomat
tu devi darmi qualcosa
no graz.. perchè devo?
perchè tu sei babbo natale
ravano in tasca, gli sgancio un euro

here comes the sun
oh oh oooh...!!


domenica 11 novembre 2012

calzetti diversi - i curiosi dialoghi tra il dottor strizza c. e il buon cristiano bitossi #7


toc-toc… to-to-toc… to-toc!
à-vàntii bitossiii…
bela doc! sgamato nonostante la variante, diavolaccio
venga bitossi, venga su
hai visto doc, te che dici che dico sempre le stesse baggianate e faccio sempre le stesse cose. sì sì lo so lo so lo affermano in parecchi se non tutti, lo diceva sempre lei, soprattutto. ma sai com’è, repetita juventus, anche se dire juventus dopo quella caspita di inculata al novantatrè mi fa l’effetto di una grigliata di lattosio. su un intollerante al lattosio, of course. ‘sto cazz ‘e pogbà, mannagg isso! comunque doc, lasciamo perdere il calcio che stiamo messi laggiù. invece ti volevo dire di una cosa di ieri. beh, ero in sella alla mountain, di pomeriggio, e sfrecciavo tra brecciarola e chieti scalo, sulla statale. pedalavo che era una meraviglia, c’erano i meganoidi contro daitarn tre all’aipòdd, filavo spinto dal soffio degli dèi. poi, oh, succede che di lato a destra mi esce una tipa usata ma tenuta bene, l’ho vista nitida, stavo per entrarle nel suv. donna sui cinquanta, curata, al volante di un suv, con quella faccia lì, tipo la fornero, c’hai presente, e se non è per un gran colpo di classe che mi consente una virata inventata sul momento per schivare il bisonte quattro ruote, beh, è il pianeta europa tre, con tanti saluti ai ragaz della curva andrea costa. che mi dedicheranno uno striscione al primo match e un lungo coro dopo il minuto di silenzio. e lei che fa? la sosia della fornero, dico. mica si scusa. mica mi guarda come una merda tipo io sono io e te sei un cazzo. mocchè. niente, nessuna delle due, non caga il mondo intero. allora mi si ingrossa il venone e le urlo troiaaa!!!! firmato cristiano bitossi, con tutto il fiato che c’è 
mah.. mica la facevo così greve. questi epiteti.. la pensavo progressista, e invece se ne esce con
mocchè progressista! che so io poi. diciamo che sono pro-grossista. soprattutto sono pro la macelleria bretti di nocciano. vaccaboia, certe bisteccone con l’osso a 11 euri al chilo.. oh son pure parenti di quel bretti, c’hanno tutte quelle foto appese, loro che inamidati sorridono e lui un po’ smaronato. bretti no? quello che cantava una roba sulla vasca, qualcosa del genere. mo vaccaboia doc, la canzone della vasca, oh. ne vogliamo parlare, eh?
no
no?
no, bitossi. enne-o
ah. ok. vaccadunboia doc, mo se sei rigido! ma che te sei magnato.. i fratelli gallagher dopo che non gli hanno dato una pinta al pàbb? vabbò. ma allora, ma poi scusa doc, che ne so di politica, io sono politicamente scorreggio. diciamo che sono per una dettatura militarte. cioè, tra essemmesse e tuittate, non sappiamo più comunicare corretto. torniamo a militare nell’arte del dettato, nelle scuole. ridiamoci un futuro parlando giusto. ma poi, io sarei un finto progressista per aver urlato troia ad una stro.. donna? e allora guccini, che dice bologna busona.. e vasco, che canta proprio troia.. e pure negro! nella stessa frase! cazzo, se diceva pure frocio sai che tripletta, e si portava il pallone alla casa. ah ma lui no non è omofobo e razzista, è vasco. loro possono dire troia negro frocio, sono artisti, son poeti, capiamoli. io invece mica son poeta, manco un po’, manco un po’, eta.
sì ssì bitossi, giochi con le parole, se si diverte a pigliar per il culo. ma lei pensa di fregare il mondo con l’eloquenza. chi pensa di essere? bergonzoni? lasci stare. sinceramente dalla sua presunzione, mi aspettavo argomentazione più alta. troppo facile così contrastarla in una disputa dialettica, bitossi. vede, eccezioni escluse, in linea di massima, un conto è la canzone, la poesia, contesto nel quale chi enuncia arriva ad estraniarsi, a sceneggiare un pensiero che non necessariamente è il suo, a parlare in terza persona magari, rappresentando una realtà giocoforza inconfutabile, moralmente, seppur guardata con la soggettività di chi fa, virgolette, arte. o magari manifesta il pensiero sempre di altro, ma in prima persona. o di se stesso anche, ma distorcendo ben oltre l’enfasi il proprio personaggio. ci sono infinite possibilità, e per chi usufruisce dell’arte non è dato sapersi. ma lei bitossi, se urla, ehm, troia, con l’intento di offendere, è ovvio che per lei troia è una offesa, è ben oltre il sillogismo, siamo oltre l’equivalenza ics uguale ics, questo è essere grevi, oltreché preconcettuali. via bitossi, se diventa così facile, ci perdo gusto...
movaccaboia doc cosa hai mangiato a pranzo? un panino alla leonessa mestruata? ah, vabbò, altra uscita omofoba. no dai però mi piace questa tua schiettezza. di solito sfuggo alla sincera franchezza nel dibattere, a volte la sento come sfacciata offesa presa da dietro. meglio una cordiale rassicurante ipocrisia. ma da te.. sento che è diverso con te
ah. fa piacere che apprezzi la mia franchezza. sono franco, bitossi
ma bela doc che mi spara le battutone manco fossi me
eh. mi consentirà anche a me, ogni tanto
ahivoglia doc. ma lo vedi che c’è empatia, simpatia, daibèn che una sera si va da pollant che ci abbottiamo di ravioloni e poi si va da robbè per quella genziana
no, bitossi. e manco mi metto su feisbùcc. e con questo abbiamo esplicato le solite inevitabili formalità
vaccaboia doc sei di coccia dura come un abruzzese di padre sardo e madre… sarda. comunque, se proprio lo vuoi sapere, e se non, lo dico lo stesso, a me certi termini edulcorati, tipo ripuliti, mi fanno come prendere gol da lorolà al novantatrè. perché pulire, ripulire.. che c’è di sporco, in una troia. niente. per me dire troia, puttana… non è come… sì, so, in quel contingente. però che cazzo, vogliamo fare un processo alla perdita di controllo nel momento in cui tutta ‘sta cazzo di vita mi passa via. che poi doc, te mica ti ricordi che canzone, l’ultima che t’ho detto, voglio dire, per il saluto finale..
beh, segnata l’ho segnata. posso andare a cercare, ma non mi pare cosa
no ma infatti.
ah. mi pare fosse tiziano ferro. dico bene?
giaààà doc! troppo buono
in che senso?
troppo buono, il titolo della song
ah. ho capito. comunque sia, pure ‘sta cosa del funerale, immaginarlo come una processione per le vie del centro di bologna, un corteo, folla immensa, scena da film con colonna sonora.. bitossi, lei pretende di vivere da solo lontano da affetti e interrelazioni sociali, per poi esigere tutto e tutti da morto. sarebbe meglio il contrario? a vivere soli, si finisce soli, bitossi
sì, forse. ma comunque. ‘sta cosa che per poco davvero ci rimango secco, è che ‘sta cosa mi ha fatto pensare, ma tutto è svanito rapido. cioè, spiego. la sera stessa mi sono abbottato di salsicce e patate e ho aperto quella bottiglia che tenevo via. malverno, doc. malverno di orsogna. vaccaboia, il malverno. vabbò, poi mi sono proposto che avrei voltato pagina, che mi sarei liberato delle ossessioni, quella del peso, quella di lei.. e invece poco prima del sanrais, dopo la solita notte a cazzo, alle sei ero già fuori a correre, nel freddo e nel buio, che mi ero pesato ed ero settantuno punto due chili, quindi due etti oltre il rèngg sessantanove-settantuno che non posso sforare. e correndo, cominciava a fare luce, mi son messo a pensare a lei e mi è venuto da piangere su un pezzo di.. ‘spetta che te lo dico che pezzo era, mo non mi viene. niente, ehavabbò, poi se mi viene te lo dico. il punto è che, vedi doc, a me ‘sta vita poi mica mi schifa. se guardo indietro, un mese, due, tre mesi fa, mi viene da sorridere, avverto quel brivido che traduce un tenero sentimento di volermi bene, ripensando il recente appena dietro. e so che il prossimo mese, tra due, e via in avanti, non mi discosterò. se c’è una frase che mi manda in bestia, è quando mi si dice che devo rifarmi una vita. devi rifarti una vita, devi rifarti una vita, gnee gnee gneeh… che, non può dirsi vita, questa mia? poi, come se non ci avessi riprovato a relazionarmi dopo di lei, tu sai. è matematico che se indossi due calzetti diversi, dovrai indossarli diversi una seconda volta, per metterti in pari
che è ‘sta storia dei calzetti diversi? bella, sa? acuta. chi l’ha detta?
io doc. adesso
è sua? davvero? molto acuta, sì. gliela scippo, a memoria futura
oh, un complimento. vaccaboia doc mi sa che hai digerito il giaguaro pederasta che s’è auto inculato, che se dico giraffa storpia poi magari mi si offende..
eh com’è suscettibile bitossi.. solo poco fa diceva di apprezzare la mia netta disambiguità
c’ho un carattere di merda, eh doc? pensi che è per questo che lei.. sono nove anni oggi doc. è il due novembre. lo sai che giorno è per me il due novembre, eh doc. mica son tutti uguali i giorni. il due novembre, per me, è più uguale degli altri. è il giorno che lei.. mi disse non ti amo più doc, proprio così, mi guardò negli occhi, e mi disse mi spiace, ma io non ti amo più. avevamo la più grande storia d’amore, l’avevamo buttata nel contenitore dell’indifferenziata.
eravamo diventati due calzetti diversi

venerdì 9 novembre 2012

birra relativo



di là dal recinto, nel terreno degli ulivi: ma ti sì pù svejate dumenicaaa? teneve lù male alla cocch, eh?
cristiano bitossi: ‘nzomma. beh, sì. s’ho lassatee perdee la biciclett, già quanne stinc apposht so nu periculee, figuratee dopo la berr
tì sì fatte (abbassa la voce, ma mica che ci sente nessuno. è per enfatizzare il senso di verogna. il mio) trentacinqq birr eh
jamme su, cazz ti shtì a dicee.. trentacinqq! jammè, a frà!
shine shine… trentacinq!
ma nu bicchiree, a frà, quante ne tiene?
mah, duciente cìccì..
eccallà! a frà, trentecinq bicchiree fanne sette litree. jammè, a frà, fusse che fusse veree, fusse ammortt!
shinee, ti sì fatte trentacinqee bicchireee
a frà, mi sì pesate primm e dopee la feshta.  mi pesee sempr. shtave a settanta chile, alla casa, poi shtave a settantaduù, e primm d’annàà allu bagnee eh. me s’ho magnate pure quattre chebabb, eh, nun t’arcurdd? jammè, sette litree de birr so sette chilee, jammè. fatt li cunte, eh…
vabbone sii nun eranee trentacinq vabbone, erane trent
a frà. mi sa che eranee cinquant
shine shine erane cinquant poco ce ne mancc
ci sarebbe da ghignarci su. e io ci ghigno su. ci ghignavo su anche in quel tempo. tu no, tu ti incazzavi, dicevi che non capivo, non capivo il paese, non dovevo fornire pretesti, coi miei comportamenti, non dovevo mostrare il fianco. non capivo la mentalità del paese. io! ma figurati, io che nella provincia, 350 kappaemme più su, mi ero fatto le ossa, nei peggio bar sport della via emilia, maddai sù. non ti ricordi che giro c’avevo quando sei arrivata tu? sai, anche oggi ci ghigno ancora su. e te, per ‘ste cose, ti ci incazzi ancora. io penso che c’ho ragione io, tu, non so. suppongo che pensi che c’hai ragione tu. ti amo, aspetto che torni. ma c’ho ragione io. più volte mi hai detto: fossimo rimasti a bologna..  ti dico: fossimo rimasti tu, ed io. fossimo rimasti noi. credo in un amore solo, più forte di bologna, più forte di alanno. tu, non so, mica ti ho capito, ti ho perso, e da quando sei andata via mi sono diluito, non so più se sono vivo, e se sono vivo, vivo male, ‘chè anche adesso non so darmi una ragione.
chissà perché ti sei svegliata
chissà perché ti sei svogliata
mi manchi

lunedì 5 novembre 2012

the great gig in the ska

stasera mangio grasso, bevo buono quella bottiglia che ho messo via, irroro come winner del gran premio di ‘sta fava col mio olio della mia terra che ovviamente, è sempre più verde. i colori i profumi i sapori di questa terra da amare. no, non da scopare. da amare. che non c’è sesso senza amore, diceva luilà
ricordo, ero cinno, ma molto cinno, quando mia sorella cantava una canzone che diceva
c’è mancato poco forse solo un attimo.. uo-uo-òh!
chissà se diceva veramente così, quella canzone che cantava mia sorella. son mica certo sai. son passati tanti di quegli anni
ma oggi c’è mancato davvero poco, un attimo. uo-uo-oh! un clone della fornero, su un suv. stava per stirarmi, sfrecciavo sulla mountain in un  lunedì pomeriggio di novembre, 24 gradi celsius, sole. che fine ingloriosa, dritto sul pianeta europa 3 stirato dal clone della fornero, mica un bus a due piani londinese pilotato da mccartney o townshend, cazzo. mocchè. il clone della fornero. vabbò, c’erano i meganoidi all’ipod, perlomeno. pappa-para-pappa-pappa-pààààà.... che stavano dalla parte dei meganoidi. pure anche io sto coi meganoidi. vabbò, chissene. ma per gli dèi, con destrezza e colpo di reni schivo il trans-atlantico e urlo troiaaaaa alla pornero. anche ‘stavolta, ahimè, il pianeta europa tre è un appuntamento da ridefinirsi. ok, va bene. e mò? e alora?
allora stasera mangio grasso e bevo buono quella bottiglia che ho messo via, e irroro di olio, il mio olio della mia terra
patate di avezzano in forno con salsiccia di carne e salsiccia di fegato, alloro e rosmarino, trebbiano masciarelli, olio bitossi c., canale 158 sul digitale, funghi sciampignònn tirati in padella con bianco discutibile, fagioli borlotti freschi dopo bollitura che si uniscono, tirare a secco in padellona con aglio e cipolla, aggregare a loro volta a polenta valsugana. servire tutto in quel piattone. e siccome oggi si usa dare un nome a tutto. ad una perturbazione, ad una scorreggia, eccetera, io al mio piatto c’ho dato il nome di shanny dal cuore dell’universo. che shanny è quello che mi dà la forza. shanny mi fa che non è ora per il pianeta europa 3, ma mi tiene posto proprio lì davanti alla spillatrice. ci stanno pure hemingway, fante, bukowski, lennon e syd barrett. tieni posto, shanny. che c'ho la coccia sgorbia.
(ho alitato dentro una bottiglia da 33 ciccì. la darò ad alcaeda come arma d’istruzione di massa, in cambio tre chèbabb e un falafèl che mica c’ho il deficit della glucosioseifosfatodeidrogenase, eh)