sabato 29 dicembre 2012

storia di un ragazzo e dell'apritappi che gli insegnò a volere


era ieri o il giorno ancora prima
quello del tuo compleanno
amor che scende amor che sale amor di lato
amore dilatato
mi facevi impazzire, ero pazzo di te, anche quella volta che al semaforo rosso dicesti
mo soccia che due maroni sempre e solo ‘sto gèkk lennon
e platealmente irruenta mi togliesti la sony dallo stereo
quando feci finta di arrabbiarmi seriamente
era la nostra bionda età, eravamo matricole, io ero pazzo di te e mi dicevi
lo sai che io ti voglio bene
e no, non lo sapevo, e ancora ad oggi mantengo un certo riserbo
mi permetterai
please
please
baby lemonade
oggi ho corso per tre ore che fa bello qua, di ‘sti giorni
c’è il sole e guardo di fuori un cane che rincorre il prato
sono in calzoncini verdi e maglietta who
c’ho la barba lunga di una settimana, un’espressione sconfitta, ma nel complesso non sono male
stappo una beck’s con l’apritappi che non ti ho mai restituito
noi ci aprivamo il succo di frutta della mensa
tra le 5 e le 6 del pomeriggio
lo bevevamo a collo
prima tu, poi io, ti imploravo
e, rompendo il silenzio del minuto dopo, arditissimo come mai prima, ti chiedevo
ma davvero, mi vuoi bene? davvero davvero? ‘chè io ti voglio bene. anzi, ti voglio e basta
please
please
baby lemonade

sabato 15 dicembre 2012

il giorno di dolore che uno ha

 

se oggi fosse oggi un anno fa, oggi sarebbe il giorno di dolore che uno ha.
mi avevano chiamato una settimana prima, i regaz. mi avevano detto guarda per natale vedi di venire sù che shanny, insomma, va male, va male.
poi mi avevano chiamato il giorno di quella notte, la notte prima del giorno di dolore che uno ha
forse è il caso che vieni sù 'sto weekend. non credo che shanny ce la faccia, fino a natale
poi mi avevano chiamato quella mattina, la mattina del giorno di dolore che uno ha
sapevo prima di rispondere
le lacrime
era il giorno di dolore che uno ha
ti ho dato appuntamento a presto, ti ho fatto chiamare una guiness e mi sono raccomandato di tenere posto lì al bancone di quel pub, dove la guiness è proprio quella la meglio, e si fumano le nuvole. ma quando sei andato via, ci hai lasciato il tuo coraggio, e la tua forza. solito egoista quando si tratta di dividere con gli altri, ne ho arraffato un bel tot.
e son sceso dalla rampa di lancio, la missione europa 3, annullata, rimandata, non lo so, non ci bado più. ok, quasi più.
a volte succede che ti penso, che ti parlo. quando sono sui pedali, quando corro, quando mi diletto a cucinare nelle serate solitudine. rivedo come ci siamo conosciuti davanti al living, sabato sera gennaio '89, nell'autoradio la musicassetta animals pink floyd, c'era pigs, ricordo bene, avevo comprato il vinile quel pomeriggio, forse da ricordi, magari da nannucci, e lo avevo riversato su nastro sony nel secondo ascolto.
 
ho ritrovato queste sciocche parole che ho scritto nell'esperienza blogghistica splinderiana, quando il male era impensabile, soprattutto per uno di quelli come te.
scippo e aggiungo dolcissimi pensieri di tiziano, subito sotto (ma sopra) a seguire le mie baggianate
ciao shanny. come ogni persona, eri un insieme di cose. ma oltre quelle, a differenza del resto, eri il più buono del mondo.
grazie della forza, grazie del coraggio. la guiness intanto, bevila tu. ma continua a tenere posto, lì al bancone del pub.
biondo spettinato e andamento simil cow-boy. sto dicendo di shanny, shanny l’ameregano. quando lo incontravi gli mollavi una gran pacca e gli dicevi: bella shanny! uots camin autt? uotts amerecan boi? texas! uisconsin! ciattanuga, tennesiiii! shanny diceva oh, ciao, massaggiandosi la spalla. gli davamo sempre delle gran pacche e non reagiva mai. una volta al ristorante uno di noi gli piantò una forchetta nell’avambraccio. shanny disse "oh, mo csafèèt? sei scemo o mangi i sassi?"
il ragazzo era un po’ in un limbo tutto suo. soprattutto, ahimè, al volante. non ancora in età di patente gli venne l’idea malsana di mettere l’auto del padre nel garage. dal parcheggio condominiale. pochi metri. riuscì a fare otto milioni di danni. parlo della poco oltre metà degli anni ottanta. e forse la macchina ne valeva cinque.
ecco alcune delle sue frasi celebri, con tanto di traduzione
 
c’è puzza di merda nell’aria. diamo la colpa a shanny. si incazza e rivolgendosi a nello chiosa
"oh, bonaaa.. c’è tu che puzza che culi!"
trad. italiano: falla finita. sei tu che hai scorreggiato

shanny sta mangiando una pesca noce. d’improvviso si porta le mani alla gola e si piega in avanti
"coff coff… regaz aiuto.. coff coff… ho mangiato una frutta in acerba.. coff coff…"
trad. italiano: aiutatemi. ho ingoiato il nocciolo di una pesca noce
straccia un rosso con lo scarabeo e fa un frontale con la fiancata di una utilitaria guidata da una coppia di anziani palesemente shockati. arriviamo noi gli amici, è illeso (e non è il caso di dire miracolosamente, chè lui è shanny l’ameregano). poi arriva anche la morosa
"ma shanny.. ma.. ma… ma come è successo..!?"
"ohi. sono passato col rosso"
"col rossoooo?!! ma come sei passato col rosso!"
"oh! bona eh! sono passato col rosso perché era rosso! se era verde mi fermavo!"
trad. italiano: basta adesso. è proprio perché sono passato col rosso che ho fatto l’incidente. fosse stato verde non sarebbe successo, no?

(dal profilo fb di tiziano)

 
caro gianni, shjanni, giga, e tanti altri modi come ti chiamavamo, sento tantissimo la tua mancanza, nonostante fossimo cosi' lontani, sapevo che c'eri sempre. come c'eri sempre per chiunque, tu grande uomo dal cuore infinito, dalla genuinita' piu' pura. ti penso tanto, ma tanto davvero, mi vengono in mente tantissime cose fatte insieme, tantissime avventure, sì, perche' girare con te era sempre un'avventura, soprattutto se guidavi te. ora a seguire, vorrei scrivere di quella volta che dovevi andare a fare un concorso per entrare nel corpo forestale, questo si doveva tenere all'elba e tu mi chiedesti di accompagnarti; era il tempo della tua r5, ma dato che era leggermente inaffidabile, prendesti in prestito l'auto di tuo zio, una fiat uno prima serie. non ricordo dove, ma in autostrada ad un certo punto ti rimase il cambio in mano.
e di quella volta che andando al mare con la tua r5, sempre in autostrada l'auto comincio' ad andare a 3 cilindri. fermatici in corsia d'emergenza, di notte ovviamente, e spalancando completamente la portiera scendesti e dopo aver aperto il cofano, il verdetto fu: mio padre deve aver avvitato male una candela
fu poi la volta dell'alternatore, sul lungomare di rimini, mentre mi trovavo seduto al tuo fianco vedevo le luci del cruscotto affievolirsi pian piano, fino a che poi la mitica r5 si pianto' a fari spenti con la colonna di auto a seguire. controllasti i cavi della batteria senza farti mancare una bella scarica elettrica per averli messi a contatto insieme. andammo incuranti in discoteca, per poi ripensarci alla mattina
mentre ti aspettavo in casa, da un tuo strano ritardo, ricevetti la tua telefonata, eri al bar vicino a casa mia (non facevi prima a suonare il campanello?) eri finito fuori strada con la mitica r5 alle roveri, avevi preso troppo allegramente la serie di curve di via del terrapieno e la mitica ti aveva tradito mandandoti in testa coda e finendo la corsa in mezzo al campo. andammo con la mia e agganciata con una corda tirammo fuori la mitica tutta infangata. dovesti tornare a casa a lavarla per non farlo sapere a tuo padre
la volta della frenata lunga, dopo un lungo slancio per via lenin, sempre con la r5, all'approssimarsi del passaggio a livello (quando c'era), io, stando al tuo fianco vidi in lontananza un posto di blocco della polizia, al che te lo dissi, sperando tu rallentassi gradualmente per non dare nell'occhio. la tua reazione invece fu una rumorosissima e lunghissima inchiodata, arrivando giusti giusti a fianco dell'agente. alla sua domanda, ma che cosa combina, tu con tutta la tua spontaneita' di bambino rispondesti: eh, ho la frenata lunga... e cosa poteva fare l'agente sentendo una risposta cosi', scossando la testa disse vada vada.
sui viali all'altezza di porta san mamolo (o porta castiglione) mentre tu guidavi nella tua spensieratezza io ed il negro, non ricordo cosa vedemmo fuori dal finestrino laterale e lo facemmo notare parlandone; tu, ci dicesti che l'avevi visto pure tu. da qui naque una discussione animata data dal fatto che te guidando non potevi aver visto da quel lato, al tuo insistere affermasti per convincerci, che tu potevi girare gli occhi in direzioni diverse, come un camaleonte. trattenere le risate fu impossibile... e ti arrabbiasti, a tuo modo.

 
 
 
 
 

giovedì 6 dicembre 2012

enantiomeri

 
sono detti enantiomeri una coppia di entità molecolari che sono immagini speculari ciascuna dell'altra e non sovrapponibili
due molecole enantiomere l'una dell'altra possiedono le medesime proprietà fisiche, tranne una: la capacità di ruotare il piano della luce polarizzata. tale capacità, definita potere rotatorio, è uguale in valore assoluto ma opposta di segno per ognuno dei due enantiomeri
una miscela 1:1 di due enantiomeri viene detta racemo
il processo attraverso cui da un racemo vengono separati i due enantiomeri puri viene detto risoluzione
(wikipedia)
 
cosìfatti
siamo forse io e te?
 
sai
dalla prima sfuggente espressione felice che fai
nei momenti de l’incrociare le nostre strade
divergenticonvergenti
se e quando il fato vuole
che io ti incontri
ma poi tu evadi alla velocità c
da come a volte chiudi banale una tua dico tua telefonata
oh scusa è entrato uno adesso-adesso ti chiamo dopo
ma poi mica chiami di nuovo
no, non voglio dire che pensi che
ma vuoi vedere che ho sbagliato?
ma, forse, azzardo già più contenuto al di qua dei confini con l’irrazionalità,
magari c’hai paura di elaborarlo, il teorema
prevenzione prevenzione convinzione
io intanto, irrazionale, ti aspetto
mentre aspetto che ritorni
che due come noi la luce un po’ là drizzata
non la ruotavamo di qua o di là
noi la facevamo
noi lo eravamo
mi manchi
ti amo

lunedì 3 dicembre 2012

io amo la cassiera dalla faccia di pescegatto


forse non vi ho mai parlato della cassiera dalla faccia di pescegatto di cui mi sono innamorato. magari qualcuno/a si ricorda che mi ero invaghito della cassiera dalla faccia tonda, quella che chiamavo così perché c’aveva la faccia tonda. adesso non la amo più. adesso amo la cassiera dalla faccia di pescegatto. la chiamo così perchè c’ha la faccia che sembra un pescegatto.
sapessi com’è strano
sentirsi innamoratodiunacassieradallafacciadipescegatto
a milanooo..
(e il coro)
a milanooo..
ma qua siam mica a milano
vabbò. ieri ho scoperto che mi sa che la cassiera con la faccia di pescegatto ne vuole a pacchi. mi spiego. erano le sette pì-èmm, ero a far la spesa proprio la’, avevo messo le mie cose sintetiche nel cestello e mi ero messo in fila dove non c’era la cassiera dalla faccia di pescegatto che d’ora in poi chiamerò cdfdp per brevità, ma bensì (sono timido e l’amore non mi da il coraggio) da quella che io chiamo l’amica del cuore della cdfdp che per non dilungarmi battezzo l’adcdcdfdp. la tipa, l’adcdcdfdp intendo, cassa numero 2, mi ha detto ehy tu perché non vai alla cassa 4…? la cassa 4 era quella con la cdfdp, e c’era più gente sia della 2 ma anche della 3, dove c’era una cassiera senza faccia di pescegatto e che non è un’amica del cuore della cassiera dalla faccia di pescegatto, e dato che non la nominerò più in quanto esce già dalla storia, non occorre appiopparle un acronimo. orsù, proprio dalla cdfdp dove c’era più gente mi ha mandato, l’amica complice, hai capito. ma guarda un po’ te, eh? quando mi ha visto, la cdfdp, pur essendo pratica del suo lavoro, io questo lo so bene, la cdfdp ha combinato un sacco di cazzate da principiante, tipo come battere 60 euro di carne ad una tipa che aveva preso solo una coscia di tacchino, ed altre cose sui generis. ed anche sui genesis. ti avrebbe venduto l’inghilterra per una sterlina tanto stava fuori, è che trovandomi davanti illa s’era confusa e felice nel subbuglio emozionale. credo. poi è venuto il mio turno e al momento di pagare mentre mi reggeva lo zavanaglio del pin del bancomat un mio dito toccava il suo ma mica lo ha spostato. a me invece è venuto di spostarlo poi mi è venuto di rimetterlo attaccato al suo e ancora mica lo ha spostato. è stato un momento molto bello.
il bancomat e la creazione.
sì, credo che ne voglia a pacchi, mi pare evidente.
ed io la amo, la mia cara cdfdp.

martedì 27 novembre 2012

era la mia scrivania nuova di zecca



ero sudato di ritorno dalla partita di pallone quando mia sorella affacciata alla finestra - sbracciandosi come un vortice affannato - mi disse da lassù che era arrivata la mia scrivania nuova di zecca
“non è vero. non ci credo”
“invece è vero. scommettiamo la paghetta?”
“sì”
scommettevo spesso e altrettanto spesso perdevo la paghetta con mia sorella. anche per le cose più stupide. per dirne una, quando mi raccontò di una sigla televisiva cantata da heather parisi (che mia nonna chiamava keter parigi, ma diceva anche pippo baldo e maik buongiorno, mentre quell’avvinazzato di mio nonno diceva craschi perché non riusciva a dire la ics e bearzoff se per dire bearzot o zoff non lo so, ai postumi delle sue sbronze l’ardua sentenza) che diceva oè oè mister mandarinooo, ebbene, io sostenni la tesi della menzogna (nonché del complotto) e puntualmente persi la posta. ero diffidente e sospettoso, mettevo tutto in dubbio. dubitavo che il pivello ricky cunningham e i suoi amici pivelli sapessero suonare splish splash. una volta suonava la chitarra, in un’altra il sassofono, ralph malph passava poco disinvoltamente dal pianoforte alla batteria e infine per il basso. con quell’altro la’, potsie, quello con quello stupido neo sullo zigomo, ma chi volevano pigliare per il culo. ma daaaiiii. e andiaaaamooo. aborrrrrooooo.
vabbò. erano pur sempre giorni felici. dan dan dan dannn… eppi dèiss!
quella volta della scrivania però devo dire che ci speravo, e scommisi più per scaramanzia che per altro. era fine estate e dovevo cominciare le medie. avevo la fissa della scrivania, volevo diventare grande, volevo anch’io la mia scrivania con cassetto e scaffali dove riporre i libri di scuola, la mia postazione strategica dove risolvere i compiti, ma anche incollare i pezzi dei modellini degli aeroplani da guerra, comporre i pazzòll, scrivere la mia formazione immaginaria del bologna.
una volta montata, cominciai a notare che c’era qualcosa che non andava. mi sembrava fredda, forse perché spoglia. organizzai un pomeriggio alla standa per comprare quaderni e cancelleria per adornare la mia nuova scrivania. comprai pure il diario, quello di jacovitti. con tutti ‘sti addobbi mi sembrava meglio, ma non ero poi tanto sicuro. boh. non mi convinceva. qualche foto di giocatori del fòtball, la foto di howard jones. mocchè. nada. dubbi-dubb.
e fu subito scuola. il primo compito che ci venne assegnato fu quello della prof di italiano. c’era da scrivere quante più parole straniere che fossero in uso nella lingua italiana, e mi misi a svolgere alla mia scrivania nuova di zecca. con ben poco entusiasmo e sforzo scrissi shampoo, whiskey, scotch, tennis, game, set, match. beh sempre meglio della b.b. (che non era la bardot) che non aveva capito una fava e scrisse table, cat, dog, sister.
dopo quella volta, ben raramente c’ho poi studiato o scribacchiato. non c’è un’interrogazione, un compito in classe, un esame all’università, una patetica lettera d’amore alla sventurata di turno che me la ricordi, a cui la possa associare. mi sa che una volta ci lasciai sopra la custodia del sergeant pepper, la massima considerazione di cui fu degna protagonista. una inutile composizione di truciolato senza anima.

lunedì 26 novembre 2012

santa george

 
primavera/estate 1990, nella unobianca fermo al semaforo del viali
a sinistra via indipendenza a destra ponte di via galliera, afa vetroguidatoreabbassato, si avvicina il tergicristalli umano abusivo
no grazie, gli dico, non ti do niente
sei tu, quello?
mi chiede, indicando foto george harrison white album spiaccicata su vetro passeggero
no
è tuo fratello?
no
ah. ti somiglia
ravano in tasca e gli ...
mollo monete da tot lire

autunno/inverno 2012
fuori da decathlon, sambuceto, il venditore di calzetti e film osè abusivo
compra qualcosa compra qualcosa
no grazie, non ho bisogno
dammi soldi per caffè
no grazie, ho il bancomat
tu devi darmi qualcosa
no graz.. perchè devo?
perchè tu sei babbo natale
ravano in tasca, gli sgancio un euro

here comes the sun
oh oh oooh...!!


domenica 11 novembre 2012

calzetti diversi - i curiosi dialoghi tra il dottor strizza c. e il buon cristiano bitossi #7


toc-toc… to-to-toc… to-toc!
à-vàntii bitossiii…
bela doc! sgamato nonostante la variante, diavolaccio
venga bitossi, venga su
hai visto doc, te che dici che dico sempre le stesse baggianate e faccio sempre le stesse cose. sì sì lo so lo so lo affermano in parecchi se non tutti, lo diceva sempre lei, soprattutto. ma sai com’è, repetita juventus, anche se dire juventus dopo quella caspita di inculata al novantatrè mi fa l’effetto di una grigliata di lattosio. su un intollerante al lattosio, of course. ‘sto cazz ‘e pogbà, mannagg isso! comunque doc, lasciamo perdere il calcio che stiamo messi laggiù. invece ti volevo dire di una cosa di ieri. beh, ero in sella alla mountain, di pomeriggio, e sfrecciavo tra brecciarola e chieti scalo, sulla statale. pedalavo che era una meraviglia, c’erano i meganoidi contro daitarn tre all’aipòdd, filavo spinto dal soffio degli dèi. poi, oh, succede che di lato a destra mi esce una tipa usata ma tenuta bene, l’ho vista nitida, stavo per entrarle nel suv. donna sui cinquanta, curata, al volante di un suv, con quella faccia lì, tipo la fornero, c’hai presente, e se non è per un gran colpo di classe che mi consente una virata inventata sul momento per schivare il bisonte quattro ruote, beh, è il pianeta europa tre, con tanti saluti ai ragaz della curva andrea costa. che mi dedicheranno uno striscione al primo match e un lungo coro dopo il minuto di silenzio. e lei che fa? la sosia della fornero, dico. mica si scusa. mica mi guarda come una merda tipo io sono io e te sei un cazzo. mocchè. niente, nessuna delle due, non caga il mondo intero. allora mi si ingrossa il venone e le urlo troiaaa!!!! firmato cristiano bitossi, con tutto il fiato che c’è 
mah.. mica la facevo così greve. questi epiteti.. la pensavo progressista, e invece se ne esce con
mocchè progressista! che so io poi. diciamo che sono pro-grossista. soprattutto sono pro la macelleria bretti di nocciano. vaccaboia, certe bisteccone con l’osso a 11 euri al chilo.. oh son pure parenti di quel bretti, c’hanno tutte quelle foto appese, loro che inamidati sorridono e lui un po’ smaronato. bretti no? quello che cantava una roba sulla vasca, qualcosa del genere. mo vaccaboia doc, la canzone della vasca, oh. ne vogliamo parlare, eh?
no
no?
no, bitossi. enne-o
ah. ok. vaccadunboia doc, mo se sei rigido! ma che te sei magnato.. i fratelli gallagher dopo che non gli hanno dato una pinta al pàbb? vabbò. ma allora, ma poi scusa doc, che ne so di politica, io sono politicamente scorreggio. diciamo che sono per una dettatura militarte. cioè, tra essemmesse e tuittate, non sappiamo più comunicare corretto. torniamo a militare nell’arte del dettato, nelle scuole. ridiamoci un futuro parlando giusto. ma poi, io sarei un finto progressista per aver urlato troia ad una stro.. donna? e allora guccini, che dice bologna busona.. e vasco, che canta proprio troia.. e pure negro! nella stessa frase! cazzo, se diceva pure frocio sai che tripletta, e si portava il pallone alla casa. ah ma lui no non è omofobo e razzista, è vasco. loro possono dire troia negro frocio, sono artisti, son poeti, capiamoli. io invece mica son poeta, manco un po’, manco un po’, eta.
sì ssì bitossi, giochi con le parole, se si diverte a pigliar per il culo. ma lei pensa di fregare il mondo con l’eloquenza. chi pensa di essere? bergonzoni? lasci stare. sinceramente dalla sua presunzione, mi aspettavo argomentazione più alta. troppo facile così contrastarla in una disputa dialettica, bitossi. vede, eccezioni escluse, in linea di massima, un conto è la canzone, la poesia, contesto nel quale chi enuncia arriva ad estraniarsi, a sceneggiare un pensiero che non necessariamente è il suo, a parlare in terza persona magari, rappresentando una realtà giocoforza inconfutabile, moralmente, seppur guardata con la soggettività di chi fa, virgolette, arte. o magari manifesta il pensiero sempre di altro, ma in prima persona. o di se stesso anche, ma distorcendo ben oltre l’enfasi il proprio personaggio. ci sono infinite possibilità, e per chi usufruisce dell’arte non è dato sapersi. ma lei bitossi, se urla, ehm, troia, con l’intento di offendere, è ovvio che per lei troia è una offesa, è ben oltre il sillogismo, siamo oltre l’equivalenza ics uguale ics, questo è essere grevi, oltreché preconcettuali. via bitossi, se diventa così facile, ci perdo gusto...
movaccaboia doc cosa hai mangiato a pranzo? un panino alla leonessa mestruata? ah, vabbò, altra uscita omofoba. no dai però mi piace questa tua schiettezza. di solito sfuggo alla sincera franchezza nel dibattere, a volte la sento come sfacciata offesa presa da dietro. meglio una cordiale rassicurante ipocrisia. ma da te.. sento che è diverso con te
ah. fa piacere che apprezzi la mia franchezza. sono franco, bitossi
ma bela doc che mi spara le battutone manco fossi me
eh. mi consentirà anche a me, ogni tanto
ahivoglia doc. ma lo vedi che c’è empatia, simpatia, daibèn che una sera si va da pollant che ci abbottiamo di ravioloni e poi si va da robbè per quella genziana
no, bitossi. e manco mi metto su feisbùcc. e con questo abbiamo esplicato le solite inevitabili formalità
vaccaboia doc sei di coccia dura come un abruzzese di padre sardo e madre… sarda. comunque, se proprio lo vuoi sapere, e se non, lo dico lo stesso, a me certi termini edulcorati, tipo ripuliti, mi fanno come prendere gol da lorolà al novantatrè. perché pulire, ripulire.. che c’è di sporco, in una troia. niente. per me dire troia, puttana… non è come… sì, so, in quel contingente. però che cazzo, vogliamo fare un processo alla perdita di controllo nel momento in cui tutta ‘sta cazzo di vita mi passa via. che poi doc, te mica ti ricordi che canzone, l’ultima che t’ho detto, voglio dire, per il saluto finale..
beh, segnata l’ho segnata. posso andare a cercare, ma non mi pare cosa
no ma infatti.
ah. mi pare fosse tiziano ferro. dico bene?
giaààà doc! troppo buono
in che senso?
troppo buono, il titolo della song
ah. ho capito. comunque sia, pure ‘sta cosa del funerale, immaginarlo come una processione per le vie del centro di bologna, un corteo, folla immensa, scena da film con colonna sonora.. bitossi, lei pretende di vivere da solo lontano da affetti e interrelazioni sociali, per poi esigere tutto e tutti da morto. sarebbe meglio il contrario? a vivere soli, si finisce soli, bitossi
sì, forse. ma comunque. ‘sta cosa che per poco davvero ci rimango secco, è che ‘sta cosa mi ha fatto pensare, ma tutto è svanito rapido. cioè, spiego. la sera stessa mi sono abbottato di salsicce e patate e ho aperto quella bottiglia che tenevo via. malverno, doc. malverno di orsogna. vaccaboia, il malverno. vabbò, poi mi sono proposto che avrei voltato pagina, che mi sarei liberato delle ossessioni, quella del peso, quella di lei.. e invece poco prima del sanrais, dopo la solita notte a cazzo, alle sei ero già fuori a correre, nel freddo e nel buio, che mi ero pesato ed ero settantuno punto due chili, quindi due etti oltre il rèngg sessantanove-settantuno che non posso sforare. e correndo, cominciava a fare luce, mi son messo a pensare a lei e mi è venuto da piangere su un pezzo di.. ‘spetta che te lo dico che pezzo era, mo non mi viene. niente, ehavabbò, poi se mi viene te lo dico. il punto è che, vedi doc, a me ‘sta vita poi mica mi schifa. se guardo indietro, un mese, due, tre mesi fa, mi viene da sorridere, avverto quel brivido che traduce un tenero sentimento di volermi bene, ripensando il recente appena dietro. e so che il prossimo mese, tra due, e via in avanti, non mi discosterò. se c’è una frase che mi manda in bestia, è quando mi si dice che devo rifarmi una vita. devi rifarti una vita, devi rifarti una vita, gnee gnee gneeh… che, non può dirsi vita, questa mia? poi, come se non ci avessi riprovato a relazionarmi dopo di lei, tu sai. è matematico che se indossi due calzetti diversi, dovrai indossarli diversi una seconda volta, per metterti in pari
che è ‘sta storia dei calzetti diversi? bella, sa? acuta. chi l’ha detta?
io doc. adesso
è sua? davvero? molto acuta, sì. gliela scippo, a memoria futura
oh, un complimento. vaccaboia doc mi sa che hai digerito il giaguaro pederasta che s’è auto inculato, che se dico giraffa storpia poi magari mi si offende..
eh com’è suscettibile bitossi.. solo poco fa diceva di apprezzare la mia netta disambiguità
c’ho un carattere di merda, eh doc? pensi che è per questo che lei.. sono nove anni oggi doc. è il due novembre. lo sai che giorno è per me il due novembre, eh doc. mica son tutti uguali i giorni. il due novembre, per me, è più uguale degli altri. è il giorno che lei.. mi disse non ti amo più doc, proprio così, mi guardò negli occhi, e mi disse mi spiace, ma io non ti amo più. avevamo la più grande storia d’amore, l’avevamo buttata nel contenitore dell’indifferenziata.
eravamo diventati due calzetti diversi

venerdì 9 novembre 2012

birra relativo



di là dal recinto, nel terreno degli ulivi: ma ti sì pù svejate dumenicaaa? teneve lù male alla cocch, eh?
cristiano bitossi: ‘nzomma. beh, sì. s’ho lassatee perdee la biciclett, già quanne stinc apposht so nu periculee, figuratee dopo la berr
tì sì fatte (abbassa la voce, ma mica che ci sente nessuno. è per enfatizzare il senso di verogna. il mio) trentacinqq birr eh
jamme su, cazz ti shtì a dicee.. trentacinqq! jammè, a frà!
shine shine… trentacinq!
ma nu bicchiree, a frà, quante ne tiene?
mah, duciente cìccì..
eccallà! a frà, trentecinq bicchiree fanne sette litree. jammè, a frà, fusse che fusse veree, fusse ammortt!
shinee, ti sì fatte trentacinqee bicchireee
a frà, mi sì pesate primm e dopee la feshta.  mi pesee sempr. shtave a settanta chile, alla casa, poi shtave a settantaduù, e primm d’annàà allu bagnee eh. me s’ho magnate pure quattre chebabb, eh, nun t’arcurdd? jammè, sette litree de birr so sette chilee, jammè. fatt li cunte, eh…
vabbone sii nun eranee trentacinq vabbone, erane trent
a frà. mi sa che eranee cinquant
shine shine erane cinquant poco ce ne mancc
ci sarebbe da ghignarci su. e io ci ghigno su. ci ghignavo su anche in quel tempo. tu no, tu ti incazzavi, dicevi che non capivo, non capivo il paese, non dovevo fornire pretesti, coi miei comportamenti, non dovevo mostrare il fianco. non capivo la mentalità del paese. io! ma figurati, io che nella provincia, 350 kappaemme più su, mi ero fatto le ossa, nei peggio bar sport della via emilia, maddai sù. non ti ricordi che giro c’avevo quando sei arrivata tu? sai, anche oggi ci ghigno ancora su. e te, per ‘ste cose, ti ci incazzi ancora. io penso che c’ho ragione io, tu, non so. suppongo che pensi che c’hai ragione tu. ti amo, aspetto che torni. ma c’ho ragione io. più volte mi hai detto: fossimo rimasti a bologna..  ti dico: fossimo rimasti tu, ed io. fossimo rimasti noi. credo in un amore solo, più forte di bologna, più forte di alanno. tu, non so, mica ti ho capito, ti ho perso, e da quando sei andata via mi sono diluito, non so più se sono vivo, e se sono vivo, vivo male, ‘chè anche adesso non so darmi una ragione.
chissà perché ti sei svegliata
chissà perché ti sei svogliata
mi manchi

lunedì 5 novembre 2012

the great gig in the ska

stasera mangio grasso, bevo buono quella bottiglia che ho messo via, irroro come winner del gran premio di ‘sta fava col mio olio della mia terra che ovviamente, è sempre più verde. i colori i profumi i sapori di questa terra da amare. no, non da scopare. da amare. che non c’è sesso senza amore, diceva luilà
ricordo, ero cinno, ma molto cinno, quando mia sorella cantava una canzone che diceva
c’è mancato poco forse solo un attimo.. uo-uo-òh!
chissà se diceva veramente così, quella canzone che cantava mia sorella. son mica certo sai. son passati tanti di quegli anni
ma oggi c’è mancato davvero poco, un attimo. uo-uo-oh! un clone della fornero, su un suv. stava per stirarmi, sfrecciavo sulla mountain in un  lunedì pomeriggio di novembre, 24 gradi celsius, sole. che fine ingloriosa, dritto sul pianeta europa 3 stirato dal clone della fornero, mica un bus a due piani londinese pilotato da mccartney o townshend, cazzo. mocchè. il clone della fornero. vabbò, c’erano i meganoidi all’ipod, perlomeno. pappa-para-pappa-pappa-pààààà.... che stavano dalla parte dei meganoidi. pure anche io sto coi meganoidi. vabbò, chissene. ma per gli dèi, con destrezza e colpo di reni schivo il trans-atlantico e urlo troiaaaaa alla pornero. anche ‘stavolta, ahimè, il pianeta europa tre è un appuntamento da ridefinirsi. ok, va bene. e mò? e alora?
allora stasera mangio grasso e bevo buono quella bottiglia che ho messo via, e irroro di olio, il mio olio della mia terra
patate di avezzano in forno con salsiccia di carne e salsiccia di fegato, alloro e rosmarino, trebbiano masciarelli, olio bitossi c., canale 158 sul digitale, funghi sciampignònn tirati in padella con bianco discutibile, fagioli borlotti freschi dopo bollitura che si uniscono, tirare a secco in padellona con aglio e cipolla, aggregare a loro volta a polenta valsugana. servire tutto in quel piattone. e siccome oggi si usa dare un nome a tutto. ad una perturbazione, ad una scorreggia, eccetera, io al mio piatto c’ho dato il nome di shanny dal cuore dell’universo. che shanny è quello che mi dà la forza. shanny mi fa che non è ora per il pianeta europa 3, ma mi tiene posto proprio lì davanti alla spillatrice. ci stanno pure hemingway, fante, bukowski, lennon e syd barrett. tieni posto, shanny. che c'ho la coccia sgorbia.
(ho alitato dentro una bottiglia da 33 ciccì. la darò ad alcaeda come arma d’istruzione di massa, in cambio tre chèbabb e un falafèl che mica c’ho il deficit della glucosioseifosfatodeidrogenase, eh)

domenica 28 ottobre 2012

fila la lana - i curiosi dialoghi tra il dottor strizza c. e il buon cristiano bitossi #6

toc-to-to-toc-toc… toc!-toc!
à-vàntii bitossiii…
bela doc! oh, mi hai riconosciuto al volo eh. vedi che ‘sta cadenza nel bussare alla porta c’ha il suo perchè

“c’ha il suo perché”. che espressione massificata indegna della sua persona, bitossi. che fosse lei, poi, me lo ricordava la mia segretaria, oltreché la mia agenda. non si sopravvaluti
va là, che mi riconosci che sono il tuo cliente nambaruànn!
mah. la sua solita mentalità calcistica, che tutto debba essere caratterizzato all’interno di una classifica dal primo all’ultimo
a me basta che ci salviamo, mi contento di poco, io. oh doc, ti devo dire di una cosa, che i conti non tornano
uh. eh. ok bitossi. la ascolto. maaa.. si accomodi, oh
ah. ok. e ualà! eccoci. bon, ti volevo dire di sabato scorso. cioè, ti volevo dire di domenica scorsa. ma la domenica scorsa è cominciata di sabato pomeriggio
bitossi, lentamente, con ordine, scandisca, faccio già fatica a seguirla
ah. vabbò. ma è facile. sabato, nel mentre lavoro tra i campi, i vicini mi invitano al compleanno della cinna che fa diciottanni, voglia uncaz,mica per loro eh, ci sto anche bene, due risatelle ci scappano sempre, poi la signora è maestra di fornelli, c’hanno vino e crema di limoncello e liquore al cioccolato.. è che manco se me lo chiedesse violante placido, le ho detto dello scazzo che c’ho in ‘sto tempo. ma dico di sì, di là stanno armeggiando con una spillatrice, ehvvabbò dico, si va di birrozzi e poi a letto che la domenica si pedala. solo che di pedalare c’è mica tutta ‘sta spinta, è lo scazzo ecc ecc, e allora vado di là a cuor leggero. mi metto lì coi giandi a far due pettile, si va di birette, birra birra kebab, birra birra birra kebab, birra birra..
kebab, bitossi. stringa, la prego
ah. ok, sì. stavo a dire.. ah ecco. poi, dicevo, c’è il taglio della torta, ci si ritrova grandi e cinni in una stanza per quelle proiezioni di vita in fotogrammi, quei montaggi che mo fanno ai matrimoni, la storia personale proiettata con la musica sotto, c’erano tre diversi lavori, belli, bravi, bis, oggi i cinni fanno di tutto col pìcì, davvero bravi. ma ecco, dei tre filmini, ce ne è stato uno con soundtrack quella canzone che dice tonaaaaaiiitttt.. ui ar  ya-aaaaannngg… na na na na na na na-naaaa..
sì, sì ho capito ho capito. la conosco, piace anche a mia figl..
stonato eh? eh ma allora dovevi sentirci quando suonavo nei valontan, quale porcheria si faceva, eppure si riempiva lo junior la stessa sera che leonard cohen
bitossi!
eh? ah! ok. doc, se vedevi. tutte ‘ste cinnazze e cinnazzi, seduti a cazzo per terra a cantarla, battendo le mani, a tempo, intonati, inglese corretto. che poi si va sempre a pensare ai ragazzi con l’aifònn a darsi appuntamenti in locali atroci dove sono di casa cicchetti e cannucciate. e invece, invece è stato bellissimo vederli, mi son venuti i  brividi, la pelle d’oca, mi han fatto dimenticare quei cinque minuti prima in cui il cinno vocalist faceva la voce vocalist, ma perché i vocalist parlano con quella voce lì? abbò!. bueno, comunque, fatta l’ora, un po’ barcollante passo di là dal cancello e vado di branda. collasso nel due piazze, e mi desto quella manciata di ore dopo, alle 7e50. farei ancora in tempo ma poi decido che per ‘sta domenica cristiano bitossi esce dal gruppo, quello pedalatorio. in primis, c’ho la coccia fusa. sarei un rischio per la balotta. ci vuole molto occhio sui pedali, non si scherza lì, un attimo e si combina un casino serio. in secundis, voglia di vedere altra gente, uncaz. in terzis, meno di ventiquattrore prima ho fatto spesa al market romina di manopello scalo. figata, c’hanno tutto, pure la pasta cocco, mi piace di brutto andare a fare spesa lì, con la mountain, lo zaino, l’aipòd. beh doc, c’era una tipa troppo carina, bellina belìnn. carina, non di quelle strafighe vistose, carina, di quel tipo di carina che mi piace ammè. lei guarda me , io guardo lei, noi ci guardiamo furtivi, ma finisce qua. vabbò, vengo al punto doc, che vedo che stai per dirmi che devo venire al punto. il punto è che il giorno dopo, la domenica, decido di passare la mano. non vado a pedalare con la polisportiva, vuoi perché sono stordito, vuoi che non voglio interagire, vuoi perchè decido di correre fin nei dintorni di manoppello scalo, dove la tipa col me medesimo si son scambiati compiacenza. di incrociarla c’è poca speranza, forse una su un miliardo. dunque ce n’è una. perciò decido che ci provo. verso manoppello, di corsa, correndo. ah, ma te conosci manoppello, sai dov’è? è il paese di verratti, quello che mo gioca alla grande nel parìsanscermè..
certo che la conosco, manoppello. ahimè è tristemente famosa per..
marsinèll, so. però pensa doc, una volta, cinquanta, toh sessanta anni fa partivano da lì per andare a morire nelle miniere del belgio, e mò invece, parigi ai piedi di manoppello. oh è pure venuta una trupp della tìvù di stato, della francia, a manoppello, lo sai che poi verratti da cinno-cinno era allenato dal fratello di uno che pedala con
bitossi su, su! non divaghi, non mi piace ricordare che non abbiamo tutto il tempo che
sì-ssì, il discorso del non abbiamo il tassametro, ma però. ok, che dicevo?
stava correndo, o così aveva deciso di fare, di correre.
ah, già. stavo correndo, giusto. ah ecco, cosa volevo dire. mentre corro, tra pensieri che galleggiano tra le note della playlist, ve né uno che mi insiste. mi chiedo, doc… ma perché sto facendo ‘sta cosa? non sono prigioniero di un amore? amore che non si esprime nel concreto, che non si traduce in sostanza, ok, ma che condiziona ogni secondo di ogni minuto di ogni ora eccetera. e allora, come si inserisce ‘sta cazzata adolescenziale, mi è sembrato un paradosso, una incoerenza
ah bitossi, non c’è niente di cui stupirsi, nessuna contraddizione. come potrei spiegarle… ah! prenda la biochimica, ecco. pensi alla complessità della regolazione delle vie metaboliche, a come tutto è cosi intrecciato come mille volte la rete dell’andergraund londinese, ma tutto così finemente organizzato, coi treni-metaboliti che puntuali passano, tornano, si fermano, ripartono. pensi allora agli acidi grassi, lei sa. se sta andando la biosintesi degli acidi grassi, esempio, la beta ossidazione è frenata, lei sa meglio di me, dico bene? l’inibizione della carnitina aciltrasferasi uno per azione del malonil-coenzima a, è corretto quanto dico? con questo voglio dire
mo vaccaboia! bela doc! oh, ancora ti ricordi di ‘sta robba! mo vaccaboia d’un superdoc in the sky!
sono i corsi di aggiornamento, bitossi. i crediti mica me li danno alla cassa dell’iper ogni tot euro di spesa, eh
soccia se sei vanesio. ti farei una foto per farti vedere il tuo sorrisone auto compiacente. oh, a proposito, c’ho un tot di bollini della copp che non uso, se vuoi te
bitossiiiii.. dai sù, rimaniamo sul tema. vede, non è della dicotomica situazione, definiamola emozionale, fermooo, fermooo… è per farmi capire, mi lasci dire. è irrilevante questo punto, ci torneremo, per carità, ma la priorità sta altrove, e mi preme dirle. quello su cui vorrei ragionare, a parte il bere, che di per sé è male, ma su di lei l’effetto negativo si moltiplica su varie componenti che non vogliamo ripetere, ne abbiamo già fin troppo parlato. è sul fatto che si è di nuovo emarginato, ha chiuso, ha sbattuto la porta, ancora una volta. non vuole vedere gente, ora salta pure le uscite ciclistiche di cui fino a ieri me ne raccontava con l’entusiasmo di un ragazzo. che succede ora, bitossi. esce di casa con gli auricolari dell’aipòd. la sera poi, se ne sta sempre lì a cucinare per ore con
oh doc, faccio certe storie ai funghi.. ieri sera pappardelle, funghi sciampignonn tirati in padella con olio ecstra di oliva, quello buono eh, sfumati con vino bianco, sempre buono, poi noci, olive nere, capperi e pomodorini pachino, ancora un po’ in padella a mantecare con la pasta, grattugiata generosa di pecorino, peperoncino piccante.. oh, c’ho fatto la foto e l’ho messa su facebook… aprop doc, ma quando te lo fai un profilo te
se lo scordi, bitossi. se lo scordi
vabbò. comunque c’ho scritto “a cristiano bitossi piace questo alimento”, vabbò, te non puoi capirla ‘sta ghegg. un sacco di gente ci ha cliccato like
sì, bitossi, me ne ha già detto, adesso c’ha sta fissa della cucina, va bene, ci mancherebbe, siano benvenute le passioni sane, su questo mi ripeto ad libitum. ma dicevo, starsene lì, in casa, da solo, a cucinare, in compagnia di una bottiglia di vino e di gente collegata in rete che magari non conosce o che non vede da anni, con la tìvù accesa e come mi ha detto che manco guarda, manco sa da che parte è girata, le serve solo il rumore a far da
beh, doc, metto sul 158, è un canale mus
suvvia bitossi, lasci stare.. mi immagino di vederla lei da una parte che traffica e dall’altra i santa esmeralda, i boomtown rats, gli human league, tenga pure il video girato come vuole. ma anche questa è alienazione bitossi. si sta allontanando dalla realtà, e anche dalla sua rappresentazione, non mi parla più di libri, non mi commenta più fatti, notizie. le sue storie che mi racconta coinvolgono sempre e solo la sua persona, e se ci entra una comparsa, è motivo per dire della sua ecs. cosa crede, crede davvero che lei tornerà, mentre lei è lì che passivo aspetta? le cose si devono prendere, i pesci non entrano nella nassa da soli. come vuole passare i suoi prossimi anni, come la dama del signore di vly, che aspetta che torni il suo uomo morto in battaglia, filando la lana? non sia pigro, impugni il suo destino. deve vivere bitossi, ma non la consideri una condanna, è una possibilità, e lei dispone di tutto ciò di cui bisogna. certo, la colta sensibilità che ha in dote le permette anche di scavare e scovare i giusti alibi, magari si immerge nell’ascolto di i am a rock di simon e garfunkel o cose simili, e si assolve, ma non creda a
oh, certo che non credo a ‘sti qua, non credo a nessuno, manco a loro. figurati doc se credo nelle canzoni.. se guardi a certi tali, sempre a fare i piagnoni per un amore qua e un amore là, poi sempre accompagnati da strafighe e vini nobili in serate di gala per raccogliere fondi per i figli delle vittime di quella guerra civile, sembra che se ne stiano la notte a disperarsi piegati su un tavolo di un bar in chiusura, l’ultimo bicchiere inquinato a metà, il posacenere colmo di cicche puzzolenti, il gestore che ramazza per terra e non bada a te che sei messo così… poi invece hanno macchine e dollari, trombano come ricci e… guarda doc, per come la vedo io, secondo me manco si drogano, fan finta pure di drogarsi. ma davvero ti sembrano dei drogati con quelle facce smaltate e
scusi se sorrido bitossi, ma mi ha fatto venire alla mente mia madre, quando dice che “quelli lì prendono la droga buona”…
uh. ma sai che la mia dice uguale! poi vabbò, parla lei che si caccia giù compresse di diazepam come fossero tictac, se le cala col tavernello, robba pesa doc, pesissima
senta bitossi, visto che c’è rimasto poco tempo… mi dica ancora della corsa di domenica. ovviamente la ragazza non l’ha incontrata e
ragazza? quale ragazza doc?
come quale ragazza! quella del giorno prima! quella della spesa al markettt… markettt.. ‘spetti… romina, market romina, a manoppello…
doc, non so davvero di che parli
sta scherzando bitossi, vero? mi dica che scherza
mo si che sto scherzando, è una ghègg caro il mio superdoc in the sky with diam
avanti bitossi sia serio che c’è rimasto poco tem
ah. sì, ok. allora doc. a manoppello ci sono arrivato, oh son più di dieci chilometri eh, poi c’era da tornare indietro, insomma una mezza maratona, e coi postumi, voglio dire, eh. comunque no, la tipa non s’è vista, non si vedeva gente in giro, erano le 10 e 37, lo diceva un display luminoso, me lo ricordo che poi c’ho scritto su facebook un pensiero di quel momento e un sacco di gente ci ha cliccato like. oh doc, ma quand’è che ti fai il profilo su
lasci stare, se lo scordi
ah. vabbò. allora. ah ecco, prima di fare marciaindrè verso alanno, ho visto che c’era un bar aperto, e sono entrato. c’avevo voglia di un cappuccino, allora ho preso un cappuccino, e mi son messo a sorseggiarlo lento guardando fuori dalla vetrata. sentivo un canto, le voci di un coro ripetuto sempre uguale come un mantra si facevano sempre più forti, mi sono messo sull’entrata aperta del bar, per la strada c’era una processione di hari krishna che cantava hari krishna krishna krishnaaa ari ariiii. li ho guardati ammirato.

venerdì 5 ottobre 2012

tre di tre



uno. il bambino tra gli uno e i due si regge in piedi dentro al carrello spinto dalla mamma quando rivolto al nostro povero cristiano bitossi comincia a berciare versi di difficile lettura ma che nel tono ringhioso del pargolozzo non lasciano adito a diverse interpretazioni che non siano rabbia e disprezzo. “michele, ma cosa dici, smettila michele smettila”. “lasci fare, signora” stempera il buon bitossi. “lasci fare. non ho capito, vabbò. ma quel che ha detto, quale che sia, beh si fidi, me lo merito tutto”.
 
due. alla cassa. sopraggiunge dietro uno sulla mezza età. dall’aspetto senza infamia e senza loden. ha solo una boccia di latte, bonalè. cristiano, col carrello pieno di bocce di vino, cibo per cani e un’orata di otto etti che freud ci ballerebbe il meneito, gli dice “prego, ha solo quello, passi pure”. “ no grazie, davvero, faccia pure lei. io non ho fretta” e fa uno smorfia di uno a culo col mondo che non ha fretta per davvero. “ha detto una cosa bellissima” ribatte cristiano, con un tono che racconta di mille rimpianti di altri anni addietro, di altre glorie, di altre storie, di un altro universo. di un’altra università.

tre. è già ora di benza-self-service quando decide che è meglio se si ferma ora dal benzinaro giù ad alanno scalo a far broda, così domattina mette la sveglia cinque minuti dopo, eh. si ferma un tale all’altro lato degli erogatori che sventolando una banconota gli chiede con un italiano stentato “aiutate. no italiano. dis euro. aiutate”.”diesel?” “daaa... diesel” cristiano prende i dieci euro e si muove con un agio  che sembra quasi che da bambino sognava di fare il benzinaio. gli fa broda e prima di congedarlo gli chiede “di dove sei?” l’altro scuote la testa. “diiii doveee seiiii.. where are you from?” “bulgària” “ah! bulgarìa! grande! stoichkov!” “daaaaa...” il daaaa finale lo dice con un tono scocciato però, dandogli le spalle.

casasua. il cellulare annuncia un sms. è la tipetta carina con cui esce da un po’ ma non si quaglia. è da una settimana che non hanno più contatti.
“ho poco credito. chiamami”
cristiano digita di rimando
“anch’io”
la verità è che è troppo concentrato sul da farsi nell’affrontare il barbecue tomba dell’oratona, non vuole frivole distrazioni.
cristiano bitossi butta il cellulare sul divano, si avventa su una boccia di primitivo, avvita avidamente il tirabusoni nel turacciolo con la prima di una serie di dianablù tra i denti.
fuori la carbonella comincia a prendere. il cane tommy abbaia di dafault. non è stata una gran giornata. di buono c’è che per la prima volta ha parlato con un bulgaro. chissà cosa ci faceva un bulgaro ad alanno. forse cercava hristo stoichkov. magari gli deve della pilla. vai mai a sapere le cose, te.

mercoledì 3 ottobre 2012

always on my mind - i curiosi dialoghi tra il dottor strizza c. e il buon cristiano bitossi #5



inizio estate 2011, di sera, fuori sul terrazzo dell’ultimo piano di un palazzo di francavilla
cristiano bitossi appoggiato di culo contro la ringhiera, ampio calice con birra belga scura doppio malto, e paglia dianablù. di fronte, si sorregge di lato sull’entrata, la cancelliera. il cancelliere traffica in cucina, nel mentre. dettaglio che mette un certo agio, indubbiamente
cìbì: sai, lei è stata la prima. ed è stata l’unica. e comincio a realizzare che fino alla fine sarà stata l’unica. perché dopo di lei, dopo l’esclusività di tutto quell’amore, mi sembra inconcepibile solo pensare ad un’altra persona, un’altra relazione. non è questione che non si possono, non si devono fare confronti. il confronto.. ma non si pone nemmeno. quale confronto? no, non c’è nessun confronto
cancelliera: ci pensi ancora, a lei?
sempre. penso sempre a lei. ecco perché dico che
ma fammi capire.. quindi hai avuto un solo amore
ebbene sì. strano eh?
e, per tutta la tua vita, potrai dire di avere avuto un solo amore, di aver amato una sola persona, è così?
eh. è così
ma ti rendi conto delle fortuna? della vita fortunata che hai avuto?
cazzo, pensa cristiano bitossi, ha capito tutto. per la prima volta, dicendo di lei, si trova davanti una/o che ha capito tutto. non dice: guarda avanti, guarda intorno. dice: guardati, hai vinto. a saperlo prima, avrebbe portato un vino rosso ancora più nobile, per celebrare degnamente quei fotogrammi di quella sera di inizio estate 2011, fuori sul terrazzo dell’ultimo piano di un palazzo di francavilla

 
toc-to-to-toc-toc… toc!-toc!
à-vàntii…
helloooo doc
bitossi… ‘sta novità del bussare alla porta in quel modo?
mi è venuto di farla così, come univoco e tangibile segno di riconoscimento, come per metterti già a conoscenza che si tratta di me. d’altronde doc, sono o non sono il tuo cliente preferito eh?
mah! questa è una sua idea basata unicamente su una visione egocentrica tipica di lei. personalmente non vedo altre evidenze a supporto della sua affermazione. e poi scusi.. cliente? che termine inappropriato bitossi!
oi, allora diciamo paziente? cocciarotta? va là dai che sono il tuo paziente numero uno, caro il mio superdoc in the sky with diamonds. anzi sai cosa ti dico? perché una sera, io e te dico, non ce ne andiamo a mangiare dei bei ravioloni da bollant? quel posto che ti dico sempre dai, che sta da me, dalle mie parti. oh, fanno certi ravioli vaccaboia.. ti fai una posizione con quei ravioli.. per non parlare del formaggio! c’ha un formaggio che vaccaboia.. oh in paese si dice, testuale, “che ti fa alzare la picca”. boh, a me non succede, ma sono una causa persa eh eh eh. oh e poi si fa anche un salto al bar da robbè che gli secchiamo la genziana. oh, c’ha una genziana robbè..
mah… non mi sembra cosa, con rispetto parlando
sai doc, è da un po’ che ho smesso di uscire, di vedere gente. oh, però con te dei bei ravioloniiii
ah! e come mai sta cosa che non esce più?
abboh.. c’ho un po’ di catena scesa, niente di chè. mah, ecco, è che mi sa che non vedo del gran genere, in giro. i soliti discorsi di plastica, parole di plastica, vite di plastica, relazioni acriliche. uffh, sai com’è.. due maroni.. e devo sempre recitare quel ruolo, se esco dal copione non va più bene, devo sempre essere quel cristiano bitossi per come mi vedono, un po’ buffo perdente, sfigato col sorriso, autoironico, ecc-ecc, ma se poi c’ho un po’ di scazzo, eh no non va bene. oh, magari è anche poi colpa mia, di come mi pongo… chè poi ecco, chè poi pensavo a tutte quelle volte che mi sento dire: devi andare avanti devi guardare avanti devi guardarti intorno… oh doc, io guardo avanti e intorno, ma per quello che vedo, finisce che mi rendo conto del valore di quello che ho perso quando ho perso lei, di quanto lei fosse sopra, oltre ogni cosa, o persona. e allora parte il rimpianto, il rimorso, e mi tormento. poi oh, si finisce col fare come le tre scimmie, si vive, si cerca di non pensarci, faccio finta di niente. ma non è divertente.
mi sembrano considerazioni troppo estreme, troppo radicali. probabilmente anche ingiuste. lei vede le cose in modo dicotomico, vede o bianco o nero. ci sono invece tutte le tonalità dei colori, tutte le lunghezze d’onda della luce visibile, sfumature di colori che caratterizzano un complesso mosaico quale è una persona
e allora com’è che ci sto male, io? ma se sono finito in ‘sto punto isoelettrico in cui non posso muovermi ne di qua ne di là, dunque che senso ha
ma lasci stare il senso delle coseee… il punto è che lei bitossi, così mi pare, ha smesso di giocare la partita, di nuovo, proprio mentre aveva ripreso in modo soddisfacente a
oh doc, se c’è stato un bel gioco, questo era nei ’90. quelli erano anni, ero un gran giocatore, parevo la nederland del ‘74. oh lo sai che
“…. conosco a memoria la formazione di monaco 74, allora: jongbloed, suurbier, krol…” bitossi, oramai l’ho imparata anch’io a furia di sentirgliela dire..
comunque doc, alla fine di tutto quel bel gioco, anch’io, come la nederland, ho perso la partita più importante, quella che non avrei mai dovuto perdere
ma io mica le dico che deve vincere. lei deve ricominciare a giocare, con lo spirito leggero di quando c’è in palio un torneo di quartiere, non una finale della coppa del mondo. giochi! a volte vincerà, altre volte perderà. torni sul campo bitossi! e se lei vive diversamente da altri questa fase, diciamo, di sfiducia relazionale, magari cominci a pensare che a volte succede che siamo noi in prima persona a dover fare il primo passo, a darci, a concederci, per poter ricevere indiet
michiaz doc parli come il prete del mio quartiere, corticella 40128, dico. chissà se è ancora al mondo donnnn.. donnnn.. abbò!? chi si ric
sia serio bitossi. stavo per dirle: magari al suo malessere contribuisce con un certo peso pure una sua eccessiva sensibilità.. magari si urta con troppa facil
forse c’ho un carattere di merda, eh doc?
forse è un po’ troppo suscettibile ecco
che sarebbe a dire permaloso
ho detto suscettibile
appunto doc. no nno, non sono permaloso, c’ho un carattere di merda sì, ma permaloso no
ah..
mo ti spiego con una situazione doc, ne parlavo al bar con la balotta della polisportiva durante una biretta afterbike. quella mattina, ad un certo punto, quasi alla fine, si andava via filati come un treno, si stava quasi sui 40, appena un po’ sotto. abbiamo affiancato due tipi ignoti che arrancavano, li abbiamo superati, ma uno dei due si è attaccato a ruota, in coda, poi ha cominciato a superarci uno alla volta, prima sembrava morto ma appena l’abbiamo superato s’è risentito e s’è attaccato dietro e poi come t’ho detto s’è messo a pedalare come un matto. permalosissimo. permalosissimo perché poi alla prima salita s’è piantato, bye bye ciclista permaloso, bye bye piccola kety. se avesse avuto un carattere di merda, mica avrebbe mollato. chi ha un carattere di merda non molla mai mai mai. piuttosto si spara
mmh. non sono sicuro di aver colto il senso fino in fondo
vabbò, poi glielo rispiego. comunque, tornando al discorso del passato, di guardare avantidietrodestrasinistrasùggiùcentro, sai, ammetto che c’è stato un breve momento in cui davvero mi sembrava che ero sulla strada per seppellirlo il passato, la mia storia, lei. una sera nel mentre correvo, beh, ero sopra il lungo ponte dello stradone e mi è venuta quasi voglia di togliermi la cosa dal collo e di lanciarla via. ma poi niente. e guarda, meno male doc! guardare avanti e dimenticare lei? ma guardare avanti e intorno per vedere cosa? mo sé! no grazie, mi tengo mille un milione di numeri di avogadro di volte il mio dolore.. ah sì eeh!
ahia bitossi. non mi dà retta. insomma, per come la vedo io, è come mi dicesse che siamo finiti sulla casella “riparti dal via”
doc, l’ho sognata, l’altra notte. ero riuscito miracolosamente ad addormentarmi, sai dell’insonnia no? vabbò, ho sognato di lei e pareva vero, pareva reale. ci baciavamo e mano nella mano andavamo a casa mia, anzi a casa nostra. per me rimane casa nostra. mica c’ho mai tolto il suo nome dal campanello. una volta s’è staccato il coso e mi sono precipitato dai pucchia, il ferramenta ed altro, per prendere la colla e risistemarlo, c’erano i nostri nomi, oh. e pure con la buchetta della posta quando s’era scassata
bitossi me le ha già raccontate una infinità di volte queste storie del campanello e della buc
comunque sembrava così vero, il sogno dico, che quando mi sono svegliato e ho capito che era tutto irreale, beh mi sarei piantato un colpo di luger in testa, con quel senso di vergogna e dignità di un generale sconfitto. ah, poi se non bastasse…  mentre andavo a lavorare, virgin radio non ti mette su always on my mind di elvis, la conosci no, doc..?
certo che la conosco
bela doc
tra l’altro non sarebbe proprio di elv
lo sooo ma lo sooo caro il mio superdoc in the sky with diamonds. oh, soppa a volte pure te sei peso eh. diciamo che è la versione più famosa, ok? vabbò, ho fermato la macchina e
e si è messo a piangere…. mi sembra un loop, quante volte mi dice di una canzone che le fa accostare l’auto per poi piangere
eh. vero. ma con ‘sto pezzo è stato un salto quantico doc. dicono che i tatuaggi devono essere dispari, chissà poi perché. vabbò, a novembre, il dieci, vado a farmi il terzo e sto apposhtt. perché vedi, quel momento intimo passato con elvis, quella inutile mattina di pioggia, beh, me lo sono tatuato nell’anima. peccato che ho smesso di fumare. ci stava bene una paglia in quel contesto. little things i should have said and done i just never took the time you were always on my mind you are always on my mind. doc, quando un bus londinese a due piani mi inv
“.. mi investirà mentre sui pedali scalo la vetta più alta che c’è, sulla mia lapide voglio queste parole…” si decida bitossi, una volte per tutte. cambia epitaffio più spesso lei che mia moglie le scarpe..
beh, ti costo meno..
già. mmhh… ok bitossi. ho capito, ricominciamo. mi aggiorni sui tatuaggi…